martedì 19 luglio 2011

Venezia

Venezia è magica e l'ho sempre sostenuto. Venezia è sogno, magia pura e mi conquista ogni volta, appagando la mia vista ad ogni angolo, in ogni ora del giorno e della notte. Durante l'ultima visita però, nonostante io abbia ancora una volta vissuto tutto questo, la città mi si è presentata in modo completamente diverso dal solito, intrigante e soddisfacente, senza secondi fini o aiuti esterni.
Da quando è comparsa all'orizzonte, accarezzata da una luce bianca e poco nitida, dai contorni non ben definiti, la città eterea e quasi irreale ha provocato in me la solita reazione: immagini e ricordi si sono disegnati immediatamente nella mia mente scontenta, momenti di felicità così rari da tenere nascosti a chiunque, da conservare gelosamente come una mamma fa con i suoi cuccioli, momenti intensi, ma ormai così lontani... Venezia, con i suoi ponti e le sue calli, i canali zeppi di gondole e barche di ogni genere; Venezia, con la sua multiculturalità, lingue e bocche che si mescolano in un costante vociare, che si uniscono alla maestosità della sua cultura, dei suoi colori e dei materiali, ammasso di contenuti provenienti da lontano, che raccontano episodi di vita, di varie vite, da un tempo immemore.
Sabato ho visto Venezia da un'altra prospettiva. Ho percorso le sue strade, fluttuando sull'acqua, poca pietra delle sue calli sotto i miei piedi, zigzagando tra i canali, passando per una volta non sopra, ma sotto i ponti, fotografando chi mi fotografava, portando con me istantanee di vita di un altrui che viene da chissà dove, trascinata in uno dei millesimi di secondo della mia esistenza in chissà quale luogo, qui o lì, destra o sinistra, su o giù.
L'acqua, si torna sempre a lei, così pericolosa e degna del più alto rispetto, un sollievo che può farsi tremendo letto di morte, vitale, inquietante spianata colorata di freddo, che avvolge turbolenta e a volte sorniona le case, i monumenti, lavorando, allontanandosi per poi tornare sempre, fedele, sospetta.
Impressionante il numero delle barche intente a girovagare nei dintorni di San Marco, del ponte votivo, in attesa di quella festa tanto cara ai veneziani, il Redentore che celebra la loro liberazione dalla peste. Niente fuochi d'artificio per noi, niente partecipazione ai festeggiamenti: le isole e i loro meandri avevano già sortito l'effetto sperato, tra fronde ombrose e riposanti, cibi e bevande soddisfacenti e la pace che per un tempo determinato è riuscita a regnare dentro di me, dopo tanti, troppi giorni di sofferenza interiore.
Venezia, croce e delizia della mia anima; Venezia, una finestra aperta su San Marco, un letto, uno specchio, un vino buono, il mercato, l'attesa, il treno, una speranza, la vista che si perde lontano...

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