domenica 31 luglio 2011

La pioggia

Mi chiedo perchè qui debba sempre piovere... Almeno una volta al giorno, in questo paese che tollero appena, mi ritrovo con il naso all'insù. A volte il cielo si presenta già di prima mattina come un immenso materasso grigio, uno spazio enorme denso di nuvole, o meglio di un'unica nuvola che non si disunisce mai da se stessa, creando una fastidiosa sensazione di pesantezza in chi la guarda. Altre invece, uscendo, ti ritrovi a chiederti come sia possibile trovarsi sotto l'acqua mentre sopra di te il blu fa continuamente capolino tra pannose coltri bianche.
Il risultato è comunque lo stesso. Pioggia. Pioggia. Pioggia.
Non so se altrove sia così, molto spesso mi dicono di sì, ma credo che le persone lo facciano solo per un pò di solidarietà nei miei confronti. Ultimamente infatti non ho trovato luogo dove sia successo.
Ci sono comunque delle giornate in cui tutto questo mi passa quasi sotto il naso nell'indifferenza più totale, lasciandomi intenta a lamentarmi di tutte quelle altre 'varie ed eventuali'; la maggior parte delle volte invece.....beh, la pioggia e la poca luce mi fanno sentire peggio, scavano nei pensieri peggiori erodendo quella poca buona volontà che ci metto quando provo a non scivolare nel buco nero. Cosa che ultimamente capita fin troppo spesso. E pensare che un tempo la notte e l'inverno erano i miei migliori amici....
Ad ogni modo domani si ricomincia. Di nuovo nel mio ufficio, di nuovo volti noti di un presente che non oso definire, in questa estate che sento e non sento, ma che quantomeno sto sfruttando. Dopo un anno e mezzo mi sono svegliata. Buongiorno Valentina, meglio tardi che mai, dicono.

martedì 19 luglio 2011

Venezia

Venezia è magica e l'ho sempre sostenuto. Venezia è sogno, magia pura e mi conquista ogni volta, appagando la mia vista ad ogni angolo, in ogni ora del giorno e della notte. Durante l'ultima visita però, nonostante io abbia ancora una volta vissuto tutto questo, la città mi si è presentata in modo completamente diverso dal solito, intrigante e soddisfacente, senza secondi fini o aiuti esterni.
Da quando è comparsa all'orizzonte, accarezzata da una luce bianca e poco nitida, dai contorni non ben definiti, la città eterea e quasi irreale ha provocato in me la solita reazione: immagini e ricordi si sono disegnati immediatamente nella mia mente scontenta, momenti di felicità così rari da tenere nascosti a chiunque, da conservare gelosamente come una mamma fa con i suoi cuccioli, momenti intensi, ma ormai così lontani... Venezia, con i suoi ponti e le sue calli, i canali zeppi di gondole e barche di ogni genere; Venezia, con la sua multiculturalità, lingue e bocche che si mescolano in un costante vociare, che si uniscono alla maestosità della sua cultura, dei suoi colori e dei materiali, ammasso di contenuti provenienti da lontano, che raccontano episodi di vita, di varie vite, da un tempo immemore.
Sabato ho visto Venezia da un'altra prospettiva. Ho percorso le sue strade, fluttuando sull'acqua, poca pietra delle sue calli sotto i miei piedi, zigzagando tra i canali, passando per una volta non sopra, ma sotto i ponti, fotografando chi mi fotografava, portando con me istantanee di vita di un altrui che viene da chissà dove, trascinata in uno dei millesimi di secondo della mia esistenza in chissà quale luogo, qui o lì, destra o sinistra, su o giù.
L'acqua, si torna sempre a lei, così pericolosa e degna del più alto rispetto, un sollievo che può farsi tremendo letto di morte, vitale, inquietante spianata colorata di freddo, che avvolge turbolenta e a volte sorniona le case, i monumenti, lavorando, allontanandosi per poi tornare sempre, fedele, sospetta.
Impressionante il numero delle barche intente a girovagare nei dintorni di San Marco, del ponte votivo, in attesa di quella festa tanto cara ai veneziani, il Redentore che celebra la loro liberazione dalla peste. Niente fuochi d'artificio per noi, niente partecipazione ai festeggiamenti: le isole e i loro meandri avevano già sortito l'effetto sperato, tra fronde ombrose e riposanti, cibi e bevande soddisfacenti e la pace che per un tempo determinato è riuscita a regnare dentro di me, dopo tanti, troppi giorni di sofferenza interiore.
Venezia, croce e delizia della mia anima; Venezia, una finestra aperta su San Marco, un letto, uno specchio, un vino buono, il mercato, l'attesa, il treno, una speranza, la vista che si perde lontano...

giovedì 14 luglio 2011

Acqua

L'acqua può creare rumori davvero diversi tra loro, suoni che portano le persone a naturali disegni interiori capaci di generare altrettanti pensieri e stati d'animo.
Al momento fuori la pioggia cade con furore, alimentata nella sua forza dal vento. Sbatte violentemente a terra a goccioloni, quelli che ti fanno quasi male sulla pelle, quelli che sembrano portare litrate d'acqua compresse in pochi millimetri, quelli che ti sorprendono sempre nel bel mezzo di un giro in città, quando l'ombrello proprio non ce l'hai, quel piccolo ombrello comprato esattamente per occasioni come questa, ma che al momento del bisogno è sempre nell'altra borsa. Dal sole cocente di stamattina siamo passati in pochi minuti ad un grigiore malinconico e la luce bianca che irritava gli occhi si è trasformata in buio spento.
Ovviamente riallacciarsi ai ricordi del meraviglioso mare della Puglia è un tutt'uno. Lì l'acqua non scendeva dal cielo, ma stava ben radicata a terra, metri di splendore cristallino sopra sabbia morbida e multicolore.
Ci sono stati giorni in cui la bonaccia faceva sembrare il mare una tavola liscissima, increspata soltanto dai salti di qualche pesciolino, mentre dall'alto delle calette gli occhi si tuffavano metaforicamente nel blu più intenso, che man mano sfumava in mille cromatismi differenti, creando giochi di luce e di colori che nulla invidiano alle spiagge tropicali; in altri momenti, la tramontana ha poi soffiato così vorticosamente da creare onde perfette per il wind- e il kite-surf: spruzzi di acqua salata che raggiungevano i più alti scogli, a rendere quella piscina  naturale il posto più adatto per i salti e le sfide alla schiuma bianca, che impavida ti raggiunge ovunque, travolgendoti con forza. Quella era l'acqua che mi piaceva, che mi piace, da sfruttare di giorno come refrigerio, da ammirare di sera con quella lieve punta di malinconia, mentre ammaliato punti lo sguardo sul movimento continuo delle correnti, nell'attimo infinito in cui il sole scende e regala luci e ombre sempre nuove, sempre toccanti. Il mare, con il suo suono spaventosamente ipnotico, la sua calma e la sua potenza, il suo fascino irresistibile, che a volte si rende necessario.   
Dicono che ad alcune persone con predisposizione alla negatività il mare faccia male. Io, nonstante tutto, ci sono andata, ho tentato di farmi consolare da lui, mi sono fatta a lungo abbracciare e cullare e per alcuni momenti sono riuscita a non pensare, a godermi il momento che lui mi regalava, immenso, avvolgente. 

mercoledì 13 luglio 2011

Shopping compulsivo

Ieri ho letto un articolo che mi ha colpito molto, parla dei tongo-tongo dell'LRA (Esercito della Resistenza di Dio) e del clima di terrore che creano al loro passaggio, con rapimenti, stupri e violenze di vario tipo. Oggi però, pur pensandoci, non riesco proprio a non sentire una tristezza ammorbante che mi pervade pian piano, un dolore che si concretizza nel fisico, completamente indipendente da questa devastante realtà che mi è stata portata agli occhi. Così, con grande egoismo sento il bisogno di sfogare qualcosa di mio, di terribilmente meno importante e più frivolo rispetto a quel mondo violento e crudele che ogni giorno sono tenute ad affrontare quelle donne in primis.
Eppure va così.
Sono così lunatica. Lo sono sempre stata, ma da qualche tempo (e potrei specificare giorno e mese) la mia mente ha subito un grosso cambiamento, diventando decisamente labile, sconnessa, suscettibile e sensibile. Questa situazione che sto vivendo, in tutta la sua assurdità, mi porta a tirar fuori la parte più 'femmina' del mio Io e tra le altre cose, mi ritrovo, come oggi pomeriggio, a fare shopping, nel mio vestito bianco che in ufficio hanno soprannominato Chanel, capelli raccolti, ciabattine con fiocco nero, camminando un pò alla Carrie (peccato che il confronto Belluno-New York proprio non tenga..). Vestiti, borse e soprattutto SCARPE, SCARPE, SCARPE. Ma addirittura accessori e tutta quella serie di cose che non ho mai sopportato!
Cerco di non pensare, di sfogare in altro tutta la rabbia e la frustrazione che ho dentro, ma ogni angolo porta con sé un ricordo e solo gli occhialoni scuri nascondono i lucciconi che si formano agli occhi. Mon dieu, chi l'avrebbe mai pensato di arrivare qui?! Così?! Perchè!?
Intanto i giorni passano e pur non rendendomene conto spero che il mio inconscio si stia allontanando, se ne stia facendo una ragione e che un bel giorno non troppo lontano, svegliandomi, mi faccia dire che sto bene di nuovo, che il male è passato.
E' l'unica soluzione possibile.... Unfortunately.

martedì 12 luglio 2011

La Tommasina

E' davvero bella lei. I suoi occhi verdi sembrano sempre truccati, una linea nera che accompagna il contorno allungato, in una forma che le da un non so che di orientale e elegante; si muove lentamente, spostandosi sinuosa da una casa all'altra. Ti viene voglia di toccarla, sembra così morbida, da tenere vicina, da abbracciare, da accarezzare, anche a letto, anche quando fa troppo caldo.
A fronte del mio infinito odio per i peli che colonizzano i corpi degli esseri umani, la Tommasina mi fa impazzire, tutta pelosona e cicciottosa: il suo manto bianco sembra panna montata, mentre il grigio che accompagna parte delle sue zampine e della sua schiena somiglia a seta preziosa.
Mi hanno detto che sta male la micia formaggina. La chiamo così e in mille altri modi diversi, sempre nuovi, in base a quello che mi ispira al momento, tutti vezzeggiativi che me la fanno sentire un pò mia, anche se non lo è, anche se difficilmente si fa avvicinare, anche dalla sua padrona. Silvestro, suo fratello bianconero, l'ha lasciata sola l'anno scorso, ammalatosi prima di lei, ad un'età tutto sommato rispettosa per i gattoni domestici, ma che per me, e probabilmente per lei, è stato comunque troppo presto.
La Tommasina potrebbe non farcela e a me si stringe un nodo alla gola se penso di non vederla più rotolare felice nel prato fresco d'estate, saltellare come una pazza nella neve, balzare con una leggiadria e una forza invidiabili sui cornicioni di casa sua.
La Tommasina è bella e a me strappa sempre un sorriso, anche nei momenti più bui, anche quando piango a singhiozzi nella mia terrazza e lei passa dandomi un'occhiata ammaliante. E' lì che ricambio il suo sguardo, ci fermiamo un momento a scrutarci, in silenzio ed è allora che penso a quanto un animalino possa a volte ridarti la felicità, regalarti un motivo in più per svegliarti al mattino, anche solo per potergli fare una carezza e sentire che il mondo può essere anche morbido ogni tanto.
Vivi Tommasina, fallo anche per me!

lunedì 11 luglio 2011

Lo spiraglio della morte

Parlavamo di morti in montagna, prima. E' stato un vero massacro ultimamente.
Ieri invece si è spento durante una gara Georg Plasa. Stava correndo, presumibilmente sul suo potente BMW che così tante volte mi ha fatto portare le mani alle orecchie, esagerando il gesto che ti fa capire quanto rumore potesse fare quell'auto bianca e blu quando passava, potente e veloce più delle altre. Ciao Georg, lasci tutti con un pò di amaro in bocca, ma sono sicura che nella tua vita avrai detto almeno una dozzina di volte a qualche tuo amico di voler finire là il tuo tempo, in auto, in gara, sulla strada. La Tua vita.
Il mio medico da parte sua se n'è andato sabato scorso, colpito tra i monti da una roccia staccatasi da un costone. Negli occhi ho ancora le parole di quell'amico che condivideva con lui quest'esperienza e quest'emozione, "se dovessi morire vorrei fosse in montagna". E così è stato. Tra i panorami che lo facevano sentire libero e forse completo, prima di tornare ad un tran tran che ormai rende tutti piccoli automi in preda alla follia quotidiana; ha detto addio a questo mondo, tuffandosi da qualche altra parte, un luogo 'altro', dove magari in montagna ci vai lo stesso, ma non c'è più il pericolo di soccombere, dove non devi gridare al tuo amico di spostarsi, dove la fatica è divertente e non senti il peso della pressione. Un luogo che ti porta sempre a sentirti vicino alla tua interiorità, sereno, in pace, dove il tempo che presuppone un prima, un adesso, un dopo non esiste più. Niente più minuti contati prima di tornare a casa, al lavoro, da chi non vogliamo vedere, a fare quello che non ci piace affrontare, ma che siamo obbligati a sopportare, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione. 
Mi sono fermata un momento e ho provato a pensare dove vorrei essere io quando tutto cambierà volto. Credo di non saperlo ancora. Forse più che dove, la scelta potrebbe ricadere su un chi, qualcuno da avere vicino e che non ti faccia scappare da sola. Ma in questo momento, l'unica persona che vorrei accanto in un istante così importante, in un climax così potente, sarei io. Io e io soltanto, la tranquillità di avere me stessa vicino, conosciuta e sconociuta figura che mi sorregge e infastidisce in ogni ora del giorno. Ma che mi vuole bene. Almeno posso pensare potrei farcela ad avere amor proprio arrivata a quel punto, vedendomi in condizione di lasciar dietro le spalle anni di auto-soprusi.
Non ho paura. Si tratta di me, finalmente di me soltanto. Nessuno scocciatore a fare domande, nessuna canaglia a rubarti i sentimenti, niente di niente, sarà solo il mio momento e per questo non ho nessun timore. La vita fa più male. La vita ti porta in alto per qualche attimo e successivamente ti sa disintegrare nel modo più crudo e perfido che esista. 
No, la morte non ti fa bella, come in quel vecchio e strampalato film, ma potrebbe rappresentare un finale entusiasmante dopo questo incidentato film. E una vita quaggiù, credetemi, a volte può anche farti sognare un telo nero, che scende pesante. E non ci sei più. 

domenica 10 luglio 2011

Vento, tanto vento

Mi chiedo cosa faccia sì che le persone detestino il vento. Io lo apprezzo, lo sento vivo su di me. La sensazione che mi regala l'aria intensa che passa sulla mia pelle sensibile mi rende sicura. Sicura che tutto va e viene, tutto può cambiare. E, per una persona a cui le cose non stanno andando nel migliore dei modi, questa è una soddisfazione che solleva dai fin troppi pensieri deleteri.
Potesse il vento disperdere tutto il male che sento dentro, potesse rubarmi i ricordi di esperienze vissute con chi ora non è più accanto a me, chi in verità non lo è mai stato con il cuore, potesse lavar via i sentimenti che intensificano il mio battito del cuore.. Un pò credo lo faccia, a volte si insinua dentro di te e sembra poter leggere quello che sta dietro i capelli che sbattono contro il viso, dietro gli occhi semichiusi, dietro i vestiti svolazzanti.
Adoro guardare dalla strada le centrali eoliche. Le vedo una volta all'anno quando riesco, ma mi affascinano terribilmente. Rapiscono il mio sguardo per chilometri, distogliendolo da qualsiasi altra  forma di bellezza naturale o artificiale che sia. Hanno quel non so che di maestoso, nella loro dimensione importante e nel loro movimento circolare e perpetuo. Girano, girano, girano, senza fine e senza mai stancarsi, grate anche loro a quel vento che le supporta e le agevola, fiere e senza ostacoli nel loro raggio d'azione.
Forse le invidio un pò; vorrei essere una sorta di centrale eolica umanizzata, che grazie all'aiuto di qualcun altro riesce a percorrere il tempo che la separa dalla fine senza paura e senza sforzo inutile, in un valzer di azioni e reazioni che agevolano entrambi, rendendoli necessari uno all'altra, unendoli in un vortice infinito.